Partecipazione, a Roma parola vuota

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Chi legge questo blog, e non solo, conosce bene la vicenda di via Urbana, della richiesta di pedonalizzazione e dello stop imposto a questo processo dalla giunta Marino. La vicenda viene ben riassunta in questo post. Ve ne consiglio la lettura.

Qui invece mi preme affermare un pensiero che sta attraversando la testa di molti di coloro che hanno assistito, o anche partecipato, a quel piccolo miracolo di mobilitazione di base che ha portato all’attenzione di tutti una vicenda inedita per Roma, la richiesta di pedonalizzare la strada dove si lavora (40 esercizi artigianali o commerciali su 45) e si abita. Questo pensiero, espresso in sintesi, è “perché impegnarsi a migliorare la propria città?”. Concetto che è una lapide sulla partecipazione della cittadinanza attiva (e a mio parere la parte civile, migliore della cittadinanza attiva: perché è cittadinanza attiva anche la camorra ecc.) alle scelte amministrative. La partecipazione politica, ci dice questa voce di Wikipedia, “consiste in azioni determinate, in un coinvolgimento di tipo decisionale, sia nel senso stretto di decisione su temi che di scelta di persone destinate ad occupare cariche politiche”.

Questo concetto, in teoria immediatamente comprensibile anche se di difficile applicazione, a Roma appare svuotato di significato anche grazie a questa vicenda. L’intenso impegno di una cittadinanza civilmente attiva è stato vanificato, e senza alcuna spiegazione anzi con un portato di telefonate furibonde da parte di amministratori giustamente contestati (ma che non hanno ancora risposto pubblicamente alle critiche dei partecipanti al processo decisionale non investiti da cariche elettive) e la percezione di una certa indifferenza alle conseguenze politiche della propria inazione. [Perché su via Urbana si è consumata un’inazione: è stato ripristinato il regime precedente, chiarendo in più ai tanti autodipendenti che da un lato, come prevede il codice della strada, non si parcheggia. Guarda te che progresso, eh?].

In questi giorni ne sto parlando con molti dei miei amici impegnati sia in politica sia nella mobilità di stampo moderno. Restano sbalorditi da questa dimostrazione di, come dire, callosità politica dell’amministrazione romana. Che, malgrado la facciata rappresentata dal sindaco, sbrigativamente identificato come ciclista e pedonalizzatore, lascia in realtà trasparire la sua anima profonda: l’indifferenza del potere alle istanze di chi il potere lo assegna con la delega. E dunque, in questi ultimi (davvero: ultimi) la percezione chiara dell’inutilità della delega. 

A me non può che far piacere, ridimostrando tutto ciò alla mia anima anarchica e movimentista il turbinio parolaio e fallimentare della delega. Mi intristisce però un aspetto di questa ennesima dimostrazione di fallimentare dialogo base-vertice: l’effetto imitativo dell’esempio di via Urbana da pedonalizzare è stato lasciato evaporare. Chi seguirà il nostro esempio? Nessuno. E tutto torna, al solito, nelle arcigne mani del temporaneo amministratore, il faso tuto mi che va, e viene, e passa, e magari pure torna. E che torni o no è abbastanza inessenziale, s’è visto.