A generazione rancorosa pernacchia fragorosa

La sorte e una ragazzina mi hanno regalato uno dei momenti più belli che potessi immaginare, il Friday For Future dello scorso 15 marzo. La sorte, una ragazzina e un mucchio molto consistente, qualche milione, di ragazzini del mondo, di questo piccolo pianeta che ruota alla periferia di una galassia già di suo periferica. Appartengo a quella generazione che non ha visto il ’68 e che ha praticamente perso ogni appuntamento “riot” di rilievo. A dire il vero ha perso anche questo, perché nasce da una generazione differente dalla mia. Però almeno l’ho visto.

Le cronache le avete lette, molti di quelli con cui interagisco hanno anche visto le piazze riboccanti di minorenni. La loro bellezza non deve essere spiegata qui.

Voglio invece sottolineare la bruttezza della parte sbagliata della società, quei vecchiacci (dentro o fuori non importa) che si sono messi d’impegno per spalare letame non compostabile sull’ondata ecologista che i ragazzini hanno preso decisamente in mano, e che spero mantengano guidandoci anche a ceffoni verso un modo molto meno impattante di svolgere l’esistenza. E la voglio sottolineare perché trovo un minimo comun denominatore tra le contumelie a Greta Thurnberg, il modo di porle, e l’astioso rancore che noi biciclettari incontriamo per strada.

Prendo a esempio l’espressione oscena uscita di bocca a un’anziana giornalista da decenni fuori dai giochi e ora rispolverata: “la metterei sotto con la macchina”, ha detto costei (così corpulenta che peraltro non avrebbe bisogno d’altro per schiacciare una bambina se non il suo stesso peso) rivolgendosi a Greta.

Chi gira in bici se lo sente rivolgere spesso, e quando non a parole lo percepisce chiaramente attraverso le vetrate solitarie degli attrezzi a 4 ruote. E’ l’espressione di un rancore vigliacco e senza senso se non quello di mostrare la propria scimmiesca aggressività a chi in quel momento è più esposto. Lascio a psichiatri e sociologi indagare sulle cause, registro che questo vile modo di relazionarsi sia alla base del salvinismo, dunque diffuso. Solo nell’ultima settimana mi sono state pronosticate una morte sotto un tram, una sotto una macchina e una generica.

Torniamo ai ragazzi, che allegramente, ironicamente, semplicemente hanno tirato fuori anima e cartelli, smentito i soloni che li vedono isolati con la faccia sullo smartphone, sono scesi per strada e hanno messo in discussione più o meno tutto il mondo che si sono ritrovati sul collo. Lo hanno fatto con critiche serissime e allegre, ideali spernacchiate ai cosiddetti adulti, prendendo coraggio dalla lotta singolare e singola di una ragazzina che ha utilizzato le sue personali caratteristiche andando alla guerra da sola, e solo per questo trascinandosi dietro un intero pianeta. Giovani che hanno colto la verità profonda di un simbolo, la ragazzina sola contro i grandi e che non ha paura di niente mentre gli rifila una serie di mazzate che neanche Muhammad Ali.

I “grandi” si sono differenziati nella reazione ma la direzione è la stessa: sparisci, nana. Dalle espressioni più becere agli applausi pelosi (per esempio quelli che la sera citano Greta e la mattina dopo sono Sì Tav) che provano a disinnescare la mina e a metabolizzare in qualche modo ciò che sentono come un pericolo ai loro privilegi, la reazione dei “responsabili” è stata questa: questi giovani sono un pericoloso corpo estraneo e devono essere gestiti. Un po’ come succede a chi rifiuta l’automobile e si muove in bici.
La mia tossica generazione non vuole mollare, ma a seppellirla non sarà solo la natura o una risata: sarà una giovanissima pernacchia mondiale.

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