A babbo morto, ovvero “un di’ faremo”

romadalvaticano

Mi ero ripromesso di non parlarne più.

Poi oggi leggo l’ennesimo episodio dell’unica specialità politica romana, ovvero l’Annunciazione Di Ciò Che Faremo, Ché Tanto Poi Ve Ne Scordate: “Giubileo a due ruote. Dal centro a Prati il miniGra per le bici”.

E rimetto, con un certo fastidio e molta fatica, nuovamente mano alla tastiera di questo blog. Perché l’effetto che mi ha fatto questo ennesimo annuncio è chiaramente quello di risvegliare un’irritazione, venata di rabbia, contro le nullità protagoniste del consueto show politico, cinture nere di rinvio a un eterno futuro che, per definizione, non diventa mai presente, pur essendo già un consistente passato nei paesi meno idioti del nostro.

Chi segue le vicende che racconto conosce bene la vicenda di via Urbana, la cui pedonalizzazione supportata da una petizione popolare con oltre 1.200 firme raccolte da noi volontari in due settimane scarse è stata negata dal comune e dal municipio, enti retti dalle due persone che ora parlano di miniGrab (a proposito, il Grab è questo, ed è l’evoluzione mediatica del Gsa sviluppato negli anni da Marco Pierfranceschi) al centro di Roma, prendendo spunto dal Giubileo incombente e riempiendosi, è il caso di dirlo, la bocca con parole che proveniendo da loro suonano fesse: “bici”, “percorsi pedonali”, “ciclabilità”, ” centro storico sostenibile”.

(A proposito di centro storico sostenibile, mi piace inserire qui una cosa che non c’entra con la mobilità ma con la monnezza: questa che posto sotto è la risposta a un’interrogazione municipale sull’introduzione della raccolta differenziata nel I Municipio, Roma centro e Prati: notare il rinvio a studi e censimenti territoriali, pur in presenza di una data, giugno 2015. Scommetto una mia bici che non vedremo nulla di quanto sotto)

monnezzaI
Fine della digressione.

 

Bene, riprendiamo il discorso sulla politica degli annunci.
Dopo aver coscientemente distrutto un momento di partecipazione come mai Roma aveva visto sui temi della mobilità moderna e della pedonalizzazione, ovvero la vasta area di consenso che si era sviluppata intorno all’idea di pedonalizzare via Urbana, adesso sindaco e minisindaco trovano la nuova occasione per pestare acqua nel mortaio, persino cogliendo la novità -anche quella proveniente da uno strato di cittadinanza attiva- del Grab e utilizzandone la formulazione mediatica. Risultato: perfetto. Nuova visibilità, messa in mostra di essere persone moderne che vogliono trasformare Roma, autoaccreditamento di essere amministratori saggi con spalle e schiene abbastanza robuste da resistere alle proteste contro cambiamenti forti come quelli che annunciano.

La realtà che abbiamo provato noi di via Urbana è un’altra: costoro hanno mostrato pavidità di fronte a una proposta reale e già pronta, hanno subito le pressioni di pochi lobbisti locali, hanno avuto l’impetuosa doppia faccia di un truffatore di professione con il gioco delle 2 carte (delibera che dice una cosa, nessuna delibera che impone lo status quo ante, ovvero traffico, sosta e degrado costante nella via che per un anno aveva dimostrato di poter restare pedonale), senza nessuna spiegazione anche se più volte richiesta da parte di chi, tra cui me, aveva lavorato intensamente per costruire il consenso intorno alla pedonalizzazione.

Zero risposte pubbliche (qualche telefonata privata, la prossima volta le registreremo, ma non ci sarà per quel che mi riguarda una prossima volta), voltafaccia totale dopo mesi di sorrisi, interviste e anche comparsate tv grazie alla nostra azione.

La politica dell'”a babbo morto” paga, pare: basta annunciare un “faremo”, un progetto qualsiasi (per esempio: la parte di tangenziale est da dedicare a giardino pubblico: fa tanto San Francisco, New York, Uppsala, fai tu, e tanto è un rendering, daje rega’ che ce frega, questi ce ricascano, una bella uscita sui giornali, tutti sono contenti e si continua come prima).

Guai però a crederci sul serio e proporre un cambiamento sul serio: sveleresti la nudità del re, la sua regale impotenza e inconsistenza, il suo eterno gloglottìo dell'”un dì faremo”.

 

 

 

 

4 pensieri su “A babbo morto, ovvero “un di’ faremo”

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.