Una comunità costretta al fai da te

 

s.bib

 

Amministrazioni sorde e inefficienti, quando non stolide o/e pavide, portano alla situazione che ora descriverò.

Oggi ho partecipato alla costruzione di una ciclabile abusiva nel tunnel di S.Bibiana, per tutti i romani il traforo di S.Lorenzo. , che alla fine si presenterà così:

sbib1

sbib2

sbib4

sbib3

Collega l’Esquilino a S.Lorenzo Fuori le mura; li collega perché tra i due quartieri passano i binari di Roma Termini.
Si tratta di due quartieri a intensa frequentazione ciclistica per una pluralità di motivi: gli universitari, le varie etnie che vivono nella zona di piazza Vittorio, una generica società adulta e ancora “alternativa”, coppie ancora giovani ma con prole, gente di spettacolo, arte e varie applicazioni creative dell’intelletto. Molti di questi usano, malgrado tutto, la bicicletta come mezzo di trasporto anche grazie alla riscoperta socioeconomica del mezzo semplice per eccellenza: persino a Roma, guarda un po’.

Il tunnel è a senso unico dall’Esquilino a S.Lorenzo. La carreggiata è ampia 9 metri circa, con due strettissimi passaggi pedonali ai lati, protetti da fitte transenne. Uno spazio stradale eccessivo tutto appannaggio della tirannia automobilistica.
Da anni blogger e comitati locali chiedono (esiste una petizione online e persino un progetto stilato gratuitamente) di ricavare un percorso ciclabile a doppio senso. A oggi il controsenso viene effettuato a rischio della vita; il giro alternativo è troppo lungo e soprattutto ancora più pericoloso, stupido, offensivo per la sua chiara matrice automobilistica.

Risposte pari a zero. Stendendo una lapide sull’amministrazione Alemanno (scus. il term.), quella Marino non sembra aver neanche recepito le reiterate proposte, che non solo sono ragionevoli ma persino ovvie. Penso sia altamente probabile che i fumosi uffici tecnici facciano al meglio quanto di loro abitudine, ovvero niente per non disturbare lo status quo e magari, chissà, non assumersi alcun tipo di responsabilità. Ormai ne conosco il modus inoperandi.

E allora, per disperazione, abbiamo deciso di fare da noi. Una decina di volontari hanno realizzato la ciclabile, e al diavolo le amministrazioni. Tutti i volontari sono persone adulte quando non avviate verso la terza età, molti con famiglia e figli. Tre quarti d’ora di lavoro, 140 euro di spesa.

Costringere costoro a commettere illeciti è il vero reato.

Di seguito il comunicato fatto trovare dagli anonimi organizzatori:

Siamo un gruppo di cittadini che vivono e si muovono fra S. Lorenzo e l’Esquilino a piedi e con la bicicletta. Come molti altri, ci muoviamo senza l’auto, anche con i nostri bambini che vanno a scuola, a nostro rischio e pericolo, in una città fatta per le auto. Sappiamo dei gravi problemi che questa amministrazione deve affrontare – e il traffico è uno dei principali – delle poche risorse che ha a disposizione, dei conflitti che generano le azioni di contenimento dello spazio per le auto, ma riteniamo che, nonostante tutto, molte cose si possano fare per la sicurezza di chi lascia l’auto e sceglie la bicicletta per muoversi.

Allora, a titolo dimostrativo, una di queste cose l’abbiamo fatta noi direttamente: rendere sicuro per le biciclette il tunnel di S. Bibiana, che collega fra loro almeno 50.000 abitanti dei due quartieri e molti altri che passano lungo la via Tiburtina, con una semplice striscia per terra e qualche segnale.

L’abbiamo fatto dopo molti anni di richieste, di riunioni con assessori e tecnici, di condivisione con i cittadini, abbiamo anche elaborato un progetto e lo abbiamo offerto gratuitamente all’amministrazione.

Questa azione vuole solo dimostrare quanto sia facile a volte fare quello che è necessario. Noi ci abbiamo messo qualche incontro, un centinaio di euro di materiali, una decina di persone per un ora di lavoro. Ovviamente sappiamo bene che per una amministrazione è tutto molto più complicato, le procedure per decidere e per fare, le molte norme da rispettare. E contiamo che realizzi l’opera molto meglio di come abbiamo fatto noi. Ma rimane il fatto che, per un opera così facile e così condivisibile, è inaccettabile che si debba aspettare un tempo così lungo. Il sindaco Marino, che è sensibile al problema perché usa la bici, capirà sicuramente e raccoglierà subito la nostra domanda di sicurezza, ovunque è possibile farlo a costo zero. A partire dal tunnel di S. Bibiana.

Il gruppo di cittadini promotore

 

Una gita sull’ascensore C di Roma

IMG_3244

In questi giorni di possente nullafacenza (il periodo migliore della mia vita adulta) faccio tutto ciò che mi salta in testa.
Si tratta soprattutto di iniziative inutili, come quella di ieri: andarmi a fare un giro sulla metro C, l’equivalente romano della tratta Tav tra Torino e Lione per polemiche e incendio di fondi pubblici.

Per capire dov’è telefono a un amico, che giusto il giorno prima s’era fatto la stessa passeggiata. Guardate che non è automatico: uno dice “linea Pantano-Centocelle”, ma questo non vuol dire niente. So dov’è Pantano Borghese (si tratta di uno sparuto gruppo di capannoni e casupole sulla Casilina, qualche km prima del bivio per Valle Martella che sporadicamente frequento in bici per andare nella casa di campagna dei miei, ma “Centocelle” è un concetto vasto. La stazione, vengo a sapere, è all’intersezione tra Casilina e viale Palmiro Togliatti. Da casa mia sono quasi 7 km. Dovrebbe comunque passare da queste parti nel 2024 circa, quando avrò 60 anni: je la posso fa’.

 

IMG_3240

Intanto pedalo fino alla stazione provvisoriamente più centrale.

IMG_3243

Al netto della pioggia che gli si precipita dentro, la stazione Parco di Centocelle è un pezzo d’Europa nel degrado casiliniano. Stona un po’ e ha troppo marmo addosso, ma comunque è ampia e semplice anche se gli ingressi ai treni sono chissà perché su due lati ortogonali e non su fronte unico. L’ingresso in bici non viene molestato da alcun operatore, altra traccia di territorio europeo.

Il Treno è praticamente un ascensore orizzontale, con doppie porte su treno e marciapiede. Ormai sappiamo tutti che non ha conducente (treno automatico Ansaldo, dice il sito); ha quindi ai due capi una pregiata vetrata che consente di guardare il panorama in corso di marcia.

Esistono stalli per bici (e carrozzelle) in due vagoni, quelli prima dei due capi.

IMG_3245

Ma i supporti non possono accogliere gomme larghe, da mtb per intenderci:
IMG_3246

Quindici stazioni, 13 km e si arriva al capolinea di Monte Compatri-Pantano. Malgrado l’apertura della prima tratta sia un atto essenzialmente propagandistico, politico, simbolico e quant’altro, devo riconoscere a malincuore che i due treni che ho preso per andata e ritorno erano frequentati, anche in un orario scemo come quello da me scelto, tra le 15 e le 16. Non come le scene alla Doré che siamo abituati a vedere su A, B, Lido e Roma Viterbo, certo, ma qualche decina di persone c’era.
I lavori di dettaglio sono ancora in corso, per esempio a Pantano mancano le indicazioni sulla direzione da prendere per i binari 1 e 2, ma tutto sommato le stazioni sembrano complete e funzionanti, con accesso garantito per i disabili e un impatto visivo tutto sommato contenuto. Resta da vedere se i pendolari lasceranno davvero le loro disgraziate vetture nei parcheggi o no. Lasciamo che sia il tam tam cittadino a convincerli, perché di comunicazione decente ufficiale questa città è sprovvista.
Il mistero di cosa ci si vada a fare a Pantano comunque mi resta: probabilmente a cena al ristorante messicano di fronte al capolinea.

IMG_3252

Perché dobbiamo tenerci stretto Marino

marino-manifesto

 

Breve premessa: parlo da cicloattivista impegnato da anni nell’impervia scalata alla modernità, qui da noi smarrita, attraverso la rivoluzione delle abitudini stradali. Tutto ciò che segue ha questo punto di vista imprescindibile.

Ho sempre pensato che Ignazio Marino sia come un liceale secchione a capo di una classe di coatti, ovvero tutti noi romani. Questo il suo primo problema, che è essenzialmente caratteriale ma non intacca il dato di base: è stato eletto in piena libertà e nessuno può dire che si sia mascherato da coatto, malgrado l’ammiccante slogan “Daje”, evidentemente posticcio.
Inoltre -e torno a parlare da ciclista urbano quotidiano, attivista della ciclabilità e tutta la tarantella conseguente- ha creato a noi ciclisti urbani un enorme danno d’immagine: essendo un potente gaffeur, e pure un pochino buffo a volte, la sua cattiva luce sta riverberando su tutti noi altri. Un problema che vediamo per strada sempre più spesso, grazie alle irriferibili contumelie che gli automobilisti ci rivolgono e che sempre più spesso tirano in ballo il sindaco. Il tutto non bilanciato da effettive azioni a favore della ciclabilità, che a un anno e mezzo dall’elezione assommano a pochi interventi su orari e accessi ai mezzi pubblici con le biciclette (n.b.: si tratta di interventi che non riguardano la vita in strada).

Detto quanto sopra, ritengo che oggi più che mai Marino debba restare al suo posto.
La guerra che gli fanno i costruttori romani (Caltagirone in primis), gli ormai ex caldarrostai (la famiglia Tredicine, che ha attività economiche su strada di ben altro spessore, altro che caldarroste; e sposta decine di migliaia di voti), la destra estrema e estremicchia (esempio su tutti Tor Sapienza, e la buffonata della marcia delle periferie di sabato scorso, dichiarata apartitica e con dentro tutto il peggio della fascioromanità), la pseudosinistra di livore e di governo, l’ostilità del romano medio, che non si muove di un metro senza la sua privatissima vettura come se fosse solo al mondo e in una città deserta, ha una sola ragione: Marino sta rompendo le scatole a una città aggrovigliata nelle sue pessime abitudini e stratificata nei suoi diecimila interessi privati e pluripersonali. 

Marino ha dimostrato di non ascoltare nessuno, nel bene e nel male. Il male è che non ascolta i consigli fattivi che nascono dalle parti migliori della società; il bene è che non ascolta le suadenti parole dei piccoli e grandi potentati che da sempre governano Roma. E quasi con candore va avanti su una linea che, per quanto timida e di piccoli passi, questa città aspetta da decenni. La via del Babuino liberata è poca cosa, ma bellissima. E può migliorare, con la progressiva sottrazione di privilegi concessi alle 21 categorie che ancora oggi possono percorrerla con i mezzi del secolo scorso.

La testardaggine, spesso irritante, dimostrata dal successore di Alemanno (scusate il termine) non è propria di nessuno di coloro che vorrebbero prenderne il posto. L’ex candidato principe al Campidoglio, poi convinto a correre per la regione a causa del possibile scandalo delle torri dell’Eur poi rapidamente dimenticato grazie alla sua scelta, ha al contrario sempre dimostrato una certa pavidità politica, non prendendo posizione praticamente su niente, mai. Un ottimo modo per diventare sindaco di Roma, dal dopo Petroselli in poi. Quindi non ci serve Zingaretti, che non sbaglia mai: ci serve un mulo, secchione e estraneo, come Marino. Anche quando sbaglia, sbaglia ai danni della Roma peggiore.

Un mio vecchio amico, ora scomparso, e profondo conoscitore della romanità più reale, er Poro Guiduccio, diceva sempre: “il problema principale di Roma sono i vigili urbani”. Che oggi, con il tandem Marino-Clemente, si sentono minacciati dal piano anticorruzione, una reazione che tutti gli osservatori stranieri stanno guardando con gli occhi di fuori, non capacitandosi di questa ennesima dimostrazione di illogicità italiana.

Diceva Monicelli: a Roma non succede mai niente. Con tutto l’affetto per il sor Mario, spero che questa volta abbia torto. Probabilmente, continuando il tiro al piccione-Marino, avrà ragione ancora una volta.

Ps sulla Panda rossa: suggerisco a Marino di rottamarla, filmarne la rottamazione e mostrare il video ai romani per dare l’esempio.

Pps del 4 dicembre: l’inchiesta Mafia Capitale è una palese conferma di quanto ho scritto a novembre scorso.

Perché dobbiamo tenerci stretto Marino

marino-manifesto

 

Breve premessa: parlo da cicloattivista impegnato da anni nell’impervia scalata alla modernità, qui da noi smarrita, attraverso la rivoluzione delle abitudini stradali. Tutto ciò che segue ha questo punto di vista imprescindibile.

Ho sempre pensato che Ignazio Marino sia come un liceale secchione a capo di una classe di coatti, ovvero tutti noi romani. Questo il suo primo problema, che è essenzialmente caratteriale ma non intacca il dato di base: è stato eletto in piena libertà e nessuno può dire che si sia mascherato da coatto, malgrado l’ammiccante slogan “Daje”, evidentemente posticcio.
Inoltre -e torno a parlare da ciclista urbano quotidiano, attivista della ciclabilità e tutta la tarantella conseguente- ha creato a noi ciclisti urbani un enorme danno d’immagine: essendo un potente gaffeur, e pure un pochino buffo a volte, la sua cattiva luce sta riverberando su tutti noi altri. Un problema che vediamo per strada sempre più spesso, grazie alle irriferibili contumelie che gli automobilisti ci rivolgono e che sempre più spesso tirano in ballo il sindaco. Il tutto non bilanciato da effettive azioni a favore della ciclabilità, che a un anno e mezzo dall’elezione assommano a pochi interventi su orari e accessi ai mezzi pubblici con le biciclette (n.b.: si tratta di interventi che non riguardano la vita in strada).

Detto quanto sopra, ritengo che oggi più che mai Marino debba restare al suo posto.
La guerra che gli fanno i costruttori romani (Caltagirone in primis), gli ormai ex caldarrostai (la famiglia Tredicine, che ha attività economiche su strada di ben altro spessore, altro che caldarroste; e sposta decine di migliaia di voti), la destra estrema e estremicchia (esempio su tutti Tor Sapienza, e la buffonata della marcia delle periferie di sabato scorso, dichiarata apartitica e con dentro tutto il peggio della fascioromanità), la pseudosinistra di livore e di governo, l’ostilità del romano medio, che non si muove di un metro senza la sua privatissima vettura come se fosse solo al mondo e in una città deserta, ha una sola ragione: Marino sta rompendo le scatole a una città aggrovigliata nelle sue pessime abitudini e stratificata nei suoi diecimila interessi privati e pluripersonali. 

Marino ha dimostrato di non ascoltare nessuno, nel bene e nel male. Il male è che non ascolta i consigli fattivi che nascono dalle parti migliori della società; il bene è che non ascolta le suadenti parole dei piccoli e grandi potentati che da sempre governano Roma. E quasi con candore va avanti su una linea che, per quanto timida e di piccoli passi, questa città aspetta da decenni. La via del Babuino liberata è poca cosa, ma bellissima. E può migliorare, con la progressiva sottrazione di privilegi concessi alle 21 categorie che ancora oggi possono percorrerla con i mezzi del secolo scorso.

La testardaggine, spesso irritante, dimostrata dal successore di Alemanno (scusate il termine) non è propria di nessuno di coloro che vorrebbero prenderne il posto. L’ex candidato principe al Campidoglio, poi convinto a correre per la regione a causa del possibile scandalo delle torri dell’Eur poi rapidamente dimenticato grazie alla sua scelta, ha al contrario sempre dimostrato una certa pavidità politica, non prendendo posizione praticamente su niente, mai. Un ottimo modo per diventare sindaco di Roma, dal dopo Petroselli in poi. Quindi non ci serve Zingaretti, che non sbaglia mai: ci serve un mulo, secchione e estraneo, come Marino. Anche quando sbaglia, sbaglia ai danni della Roma peggiore.

Un mio vecchio amico, ora scomparso, e profondo conoscitore della romanità più reale, er Poro Guiduccio, diceva sempre: “il problema principale di Roma sono i vigili urbani”. Che oggi, con il tandem Marino-Clemente, si sentono minacciati dal piano anticorruzione, una reazione che tutti gli osservatori stranieri stanno guardando con gli occhi di fuori, non capacitandosi di questa ennesima dimostrazione di illogicità italiana.

Diceva Monicelli: a Roma non succede mai niente. Con tutto l’affetto per il sor Mario, spero che questa volta abbia torto. Probabilmente, continuando il tiro al piccione-Marino, avrà ragione ancora una volta.

Ps sulla Panda rossa: suggerisco a Marino di rottamarla, filmarne la rottamazione e mostrare il video ai romani per dare l’esempio.

Pps del 4 dicembre: l’inchiesta Mafia Capitale è una palese conferma di quanto ho scritto a novembre scorso.

Anche se voi vi credete assolti

Questo è un video caricato dal dj EmVee su una pagina facebook.
Mostra la realtà che poi viene tradotta in cifre dagli annuari statistici.
Le cifre mostrano numeri, non la realtà delle vicende umane.
In questo pazzesco modo di usare le nostre strade siamo coinvolti tutti, anche chi -come me e come tanti altri- ha scelto di abbandonare per sempre la mobilità motorizzata. Proprio perché la strada è l’unico spazio davvero pubblico, di tutti.

Pensateci, la prossima volta che accendete la vostra vettura.
Quando vedete uno spot automobilistico.
Quando leggete le piatte cronache degli scontri stradali, con “auto impazzita”, “dinamica da accertare”, “cause ancora ignote”.

Non sono incidenti: sono una realtà percentuale.