I selci dentro le teste degli struzzi borghesi

P1000955

 

Siamo a via de’ Ciancaleoni, alla Suburra, il piccolo tratto carrabile prima che, dopo l’incrocio con via dei Capocci, ci siano le scalette. Questo tipo di disposizione del selciato -d’ora in poi selci- viene chiamato “a spina con selci doppi”, o  legarelle*.
Come si può vedere sono selci in ordine, in piano, non sconnessi. Questo perché le vetture possono solo andare in salita, quindi vanno adagio visto la poca percorrenza, lo stretto angolo di sterzata e la pendenza. I selci rimangono sempre così, non è mai servito alcun intervento negli ultimi 14 anni (testimonianza oculare).
In fondo si vede la chiesetta di s.Lorenzo in Fonte, o s.Lorenzo e Ippolito, in via Urbana, dove si dice che fosse tenuto prigioniero il santo prima della griglia, e dove pare che abbia fatto scaturire una fonte per battezzare il suo secondino, Ippolito appunto. Sotto via Urbana scorre un fiume (da prima di Lorenzo), visibile solo con visite speciali e già noto dai tempi della Roma quadrata, quando Urbana si chiamava vicus Patricius (dicono che poi ci sia nato Giulio Cesare). Non si può visitare il luogo della prigionia del santo perché è allagato, almeno così rispondono le suore.
Torniamo ai selci a spina, che ho fotografato perché sono l’unico punto della Roma antica ancora intensamente vissuta che io conosca senza sconnessioni. A parte le solite vetture parcheggiate ai lati, lì non c’è un gran passaggio, anzi esiguo. Il piano stradale è ok.
Sull’antico vicus Patricius, rinominato in seguito agli interventi del papa Urbano VIII (un Barberini) invece ci sono avvallamenti ovunque. Così come su Leonina, Madonna dei Monti (oggi due buche nuove, sempre sui selci), Panisperna, e su ogni strada della Roma storica, selci o asfalto che sia. Le conosco tutte, le percorro tutte in bici, l’elenco sarebbe lunghissimo.

E qui vengo al punto: qualche giorno fa un mio collega molto più noto di me, Francesco Merlo, scrive su Repubblica della Roma orrenda di oggi, indicando monnezza, writers e buche ovunque come esempi del degrado.
Dopo aver detto che apprezzo ogni colore e intervento dei writers, anche i più beceri, voglio limitarmi all’argomento buche.
Come si formano? Se leggete quanto scrive Merlo non ne troverete traccia, meteo a parte. (Sul pianeta piove da sempre, vorrei ricordare).
No, non si può dire. L’argomento è tabù, è rimosso per autoassoluzione collettiva. Non se lo dice nessuno, si fa finta di niente perché non ci conviene.
Non si può dire che l’incessante scorrimento di una quantità ormai oltre la saturazione di mezzi pesanti personali sta masticando Roma a ogni istante.
Le autovetture stanno distruggendo Roma e la sua vivibilità, sotto ogni aspetto.
Ma esultiamo per un film, va’: e rifacciamo finta di niente.

Ci restano, intatti, quei 30 metri di Ciancaleoni, per un caso fortunato. I bravi borghesi con il loro indice vibrante alzato in aria e la testa sottoterra, non se ne accorgeranno: ci conviene, quindi zitti tutti. Buona visione.

*Fonte: “Selciato romano”, Ludovica Cibin, Gangemi editore, 2003

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.